#1, 1999. BACKSTREET BOYS — I WANT IT THAT WAY
Numeri Uno, maggio 1999. BACKSTREET BOYS — I WANT IT THAT WAY
Numeri Uno è la rubrichetta che si occupa di tutte le canzoni che sono finite alla prima posizione della classifica italiana dei singoli.
Qui trovate l’elenco di tutte le Numero Uno commentate, anno per anno, in continuo aggiornamento.
Sapevate che I Want It That Way poteva non esistere?
I SOLITI CAZZI MIEI
Sono a Nashville per lavoro — anche se quella che oggi chiunque si affretterebbe a chiamare la Sindrome dell’Impostore mi impone di non capire fino in fondo come sia possibile che fare le canzoni sia il mio lavoro — e insomma, a Nashville c’è questo gigantesco grande magazzino di cose usate. Ci vendono dai libri ai cd alle consolle agli strumenti musicali ai giocattoli alla qualunque. Rovistando rovistando, a parte il pupazzo di Justin Timberlake (e anche di altri 3 dei restanti 4 *NSync, ma non chiedetemi quale mancasse, credo Gianmarco? O forse Tiberio) ho trovato un libro di Nick Hornby che commenta canzoni. E se fino a oggi avevo snobbato questa raccolta che racchiude due dei miei più grandi amori (uno che scrive bene e pensa meglio e, appunto, la musica), ho ceduto e l’ho comprato e letto compulsivamente.
A un certo punto, parlando di un pezzo abbastanza brutto ma parlandone in modo egregio, Hornby racconta di una lite fatta col fidanzato di una sua coinquilina, il classico snob che disprezza il pop. Dice così: «Questa canzone poteva essere scambiata per roba da bambini solo se sei dell’opinione che qualunque cosa che sia inferiore alla durata di una sinfonia e che è composta da strofa, ritornello e una batteria sia roba da ragazzini.» In un’altra pagina, parlando di un’altra canzone (abbastanza bruttina pure quella), sempre sugli snob musicali fanatici hater del pop dice: be’, sarete uno spasso alle feste, voi altri. (Non so come sia la traduzione italiana, ho fatto da me, ma difficilmente sarà così puntuale). Mi ha confortato leggere queste righe. Intanto perché Hornby è dotato, come tutti quelli bravi, di uno spessore intellettuale che gli permette di fottersene se una cosa è cool o no; se gli piace, gli piace, punto, senza tanti drammi, anzi, con la curiosità di indagarne la bellezza (anche quando in fondo in fondo lo sa che la canzone è una merda tipo I’m Like A Bird di Nelly Furtado, che è talmente una merda che a) manco se piace a Hornby ho intenzione di rivalutarla e b) è talmente brutta che la inserirò nelle pagellone ma non posterò il video qui sotto perché altrimenti mi sporca tutta questa poesia sui Backstreet Boys che sta per seguire, anzi, l’ha già sporcata fin troppo); poi, perché amare il pop in questo mondo di wannabe instagrammer che fanno a sportellate per farsi notare per quanto-sono-alternativi-e-quanto-sono-incredibilmente-unici-i-loro-gusti-da-giusti è davvero una fatica, e ogni tanto è soddisfacente trovare altra gente che, proprio come te, non ha paura di amare, anzi, di essere pop.
FINE DEL DELIRIO
E insomma, lo sapevate che oltre a essere un classico del karaoke che non mi viene per niente male I Want It That Way poteva non esistere?
O meglio, non nella forma perfetta in cui la conosciamo oggi.
È il 1998, e a un certo punto della lavorazione di Millennium — terzo e cruciale disco dei cinque BSB — la casa discografica decide di sovvertire il piano strategico. Non sarà Larger That Life il primo singolo, come si usa ormai fare con le boyband (il primo singolo è l’uptempo movimentato per avvisare le ragazzine che la band è tornata, il secondo la ballad dell’album per avvisare che il disco è fuori e va comprato, mie care teenager); sarà proprio I Want It That Way.
Però nessuno è convinto del testo. Il motivo è semplice: il testo di I Want It That Way è ubriaco. Incoerente. Incomprensibile. Ha già conflitti che Amleto in confronto è sano di mente: dice tutto e il suo contrario, ma lo dice con delle rime clamorosamente perfette, con una geometria invidiabile, e con delle parole foneticamente impeccabili.
Questo è Max Martin: l’abbiamo già incrociato e visto più da vicino in occasione dell’arrivo sulle scene di Britney Spears, e non poteva che essere lui il genietto dietro al ritorno dei BSB, di cui è stato autore fin da subito. Martin, svedese, e quindi non precisamente madrelingua, è un cuore punk dentro a un involucro pop: predilige il suono al significato, e I Want It That Way è la summa massima di questa sua filosofia.
Anche la band però ha qualche perplessità sulla canzone. Certo, è una grandissima ballad, profuma di successo, ma quelle parole messe in fila così non vogliono davvero dire nulla. Se già la critica li ha stroncati fino a qui figuriamoci cosa farà dandogli il fianco con un pezzo del genere?
È qui che le Forze Oscure Del Male fanno quello che fanno quando non sanno avere il polso della situazione, e ordinano una versione alternativa a un Altro Grande Autore. E se è deontologicamente scorretto chiedere a qualcuno di sistemare la creazione di qualcun altro, solitamente è una pratica anche parecchio imbecille, perché pure il più bravo si trova in difficoltà pulire i casini degli altri. Il risultato, fortunatamente, non convince nessuno, ma ancora più fortunatamente il demo di No Goodbyes finisce su internet e abbiamo modo di decidere noi stessi chi avesse ragione. (Spoiler: Max Martin).
L’avete ascoltata? Se sì, avete capito. Se no, ascoltatela: è tutto sbagliato. Le sillabe, le parole, tutto: chissene frega se hanno un senso le cose che cantano, a parte che fanno vomitare? No Goodbyes non avrebbe venduto una copia.
Grazie al dio della musica, era sotto gli occhi (e nelle orecchie) di tutti.
LA STORIELLA
Musicalmente I Want It That Way nasce come la classica ballad del format degli svedesi dello studio di produzione nonché Motown degli anni 90/2000 Cheiron Studios: batterie new jack swing in versione pop, rullanti che menano anche sotto alle canzoni più tenere, come si può vedere anche nel terzo singolo del disco, Show Me The Meaning (Of Being Lonely), arpeggi di chitarra e inserti di gran gusto, colori tipici ormai delle produzioni di Martin.
L’arpeggio, narra la leggenda, nasce come una sorta di richiamo a un altro grande arpeggio, anzi, forse al Grande Arpeggio di Chitarra Acustica per eccellenza: Nothing Else Matters dei Metallica.
[Che pezzo micidiale. Che bello quando i metallari mettono a nudo il cuore: escono sempre le loro cose migliori. (Ma dove lo trovate un blog che vi parla dei Metallica durante una chiacchierata sui BSB? DOVE?)
Nothing Else Matters rappresenta solitamente la prima canzone che chiunque impara a suonare perché ha due grandi pregi: è facilmente imparabile e si deve suonare senza farsi venire alcun callo: l’arpeggio richiede che si suonino le corde E G B E (Mi, Sol, Si, Mi) vuote.]
Per il resto, procede tutto secondo il copione templatizzato da Max Martin e soci: bel pathos, progressioni armoniche semplici ma efficaci, topline incredibili dalla strofa al ritornello allo special, insomma tutto da cantare a squarciagola da qui all’eternità (ah, non ci credete? È il 2023 e l’altro giorno l’ho messa su: sia io che la mia dolce metà ricordavamo ancora a memoria tutti gli ad libs in cui si lanciano i cinque nel finale, incluso naturalmente quel Tell Me Whyyyyy-y-y-y-y-yyyy di Nick Carter poco prima della chiusura).
I Want It That Way è La Canzone Delle Boy Band anni 90, probabilmente a pari merito con Back For Good dei Take That, ma con il bonus di avere un video ancora più meme: se i TT ballavano tutti cucciolosi sotto la pioggia, i BSB vagano tra le corsie dell’aeroporto e la pista d’atterraggio dove scendono e salgono dal loro aereo privato con l’aggravante di essere tutti di bianco vestiti.
L’outfit da gelatai è al contempo tremendo e iconico, facente parte di quella categoria di cose che non si capisce bene come o perché ma fanno dei giri strani riuscendo a rendere la loro bruttezza anche la loro caratteristica principale. È tutto così memizzabile, anche nell’epoca pre internet, che l’immaginario della boy band non sarà più lo stesso. Non a caso i Blink-182 approfittano di questo video per incentrare forse il loro clip più di successo, dove prendono di mira tutto il pop contemporaneo di Trl (finendo tra l’altro, volenti o nolenti, a farne ampiamente parte, ma giocando quel ruolo di antieroi che poi sarà negli anni successivi quello di Eminem): All The Small Things.
Il momento Bee-Gees di «You are, you are, you are, you aaaare»? Le svirgolate su «It’s to-oo-oo late»? Quante cose incredibili ha, nei dettagli, I Want It That Way? La fottuta modulazione? La verità è che è un pezzo superiore, di rara manifattura, che spazza via tutte le boyband concorrenti in termini di ballate, di un gruppo che entra nella sua Fase Imperiale — anche se per rimanerci relativamente poco. I Backstreet Boys proseguono la loro traiettoria di bianchizzazione della musica black che avanza da anni, ma anche decenni, sfiorando qui un record sulla carta impensabile: l’invincibilità nonostante il Videoclip Più Standard Della Storia.
(Necessaria menzione d’onore per l’ultimo singolo di Millennium, The One: pure tu non eri mica brutta, nonostante il tuo videoclip).
INGIUSTAMENTE GRATIS, IL FINALE A SORPRESA
Ci avete fatto caso che prima ho citato Amleto? Avrete pensato, eh, quanta cultura. Ma va’. Cultura no, ma ho sempre avuto una cosa che mi ha salvato: la curiosità. E, essendo curioso oltre che jet-laggato, due cose che insieme formano un’unione micidiale, ho scavato l’internet pur di trovare cose interessanti su I Want It That Way. Be’, indovinate che ho trovato? Un pazzo scriteriato che analizza il testo, citando praticamente tutto Shakespeare, Joyce, Gatsby, la commedia dell’arte, Wordsworth, Wittgenstein e un sacco di altra gente. Lo potete leggere qui, ingiustamente gratis.
IL DISCLAIMER, STAVOLTA AMPLIATO (SPOILER: LE LOLLIPOP)
Vi siete divertiti, eh? Prima delle consuete pagellone, il solito spiegone.
Canzonette è attualmente gratis per chi vuole, e che se anche tu godi nel leggere faccende pop ed extra pop su queste pagine sarebbe fantastico se diffondessi il verbo, e ancora più fantastico se t’abbonassi consentendoci di dedicarci sempre più tempo. In più, per gli abbonati, arriveranno presto: rubrichette inedite e degli episodi di Numeri Uno direttamente da nientemeno che il futuro. Tipo, ne sto scrivendo una su Despacito, una su Lady Gaga e una su Down Down Down delle Lollipop. Vedete voi.
LE PAGELLONE
I’m Like A Bird è un 1.
I Want It That Way è un 10.
Larger That Life è un 7.
Show Me The Meaning (Of Being Lonely) è un 9.
Nothing Else Matters è un 10.
Back For Good è un 10.
All The Small Things è un 10.
The One è un 7.