Numeri Uno è la rubrichetta che si occupa di tutte le canzoni che sono finite alla prima posizione della classifica italiana dei singoli.
Qui trovate l’elenco di tutte le Numero Uno commentate, anno per anno, in continuo aggiornamento.
Non è dal maggio 2001 che l’Italia ama Manu Chao, ma è dal maggio 2001 che Manu Chao viene legittimato dalle classifiche italiane in modo definitivo. Me Gustas Tú è il suo primo singolo che finisce al #1 nel bel paese, nonché uno dei suoi brani più famosi.
Sono anni in cui chi compra i cd ha la tendenza, l’usanza, l’eleganza (seppur illegale) di masterizzarne copie agli amici. È così che avviene il mio primo incontro con Manu Chao: mentre siamo ospiti di un’amica dei miei io, impiccione, sbircio la camera del figlio, spulcio tra i cd, e trovo un disco masterizzato di Manu Chao. La curiosità è ancora meglio dell’internet degli anni zero: trafugo il cd dalla custodia Verbatim e lo infilo nel mio lettore cd portatile. Un furto di un disco masterizzato illegalmente è comunque un furto? Chissà. Ma sono dubbi etici che non stanno in piedi davanti alla mia adolescenza, sprovvisti dei muscoli adatti a sostenere una diatriba intellettuale: ho quattordici anni, conta solo la musica. Il problema è che Manu Chao abita un insieme musicale, quello di una world music impegnata e schierata, che non sfiora il mio (come i più attenti di voi avranno capito da Canzonette, un bizzarro miscuglio tra il pop da classifica e il pop-punk californiano). È uno di quei dischi, il suo, che all’epoca non sei in grado di capire, non avendone gli strumenti culturali e il background adatto.
José Manuel Arturo Tomás Chao Ortega (l’ultimo chiuda la porta, grazie) nasce a Parigi da genitori spagnoli, emigrati per sfuggire alla dittatura di Franco. Per questo Manu vive fin da subito un clima casalingo in cui viene a contatto con rifugiati e artisti. Prima ottiene un discreto successo con i Mano Negra, ma sarà poi con la sua musica solista, un mix di generi con testi dal connotato schierato, che raggiungerà un pubblico vasto. E con la quale riuscirà a diventare il King of the Bongo.
Bongo Bong è il primo singolo di Clandestino, disco d’esordio di Chao, con cui si farà conoscere anche da noi. Mtv, bizzarramente, tra una proposta pop e una nu-metal trova anche il tempo di passarlo, e la sua proposta musicale si fa strada tra i centri sociali e le manifestazioni (non a caso Manu Chao sarà un grande artista schierato contro il G8 di Genova). Clandestino è l’altro grande successo dell’album, che certifica Manu come un ottimo cantautore con delle cose da dire. Da grandissimo e avido lettore di poeti e scrittori sudamericani (da Efraim Medina Reyes in giù) ritrovo tutte le caratteristiche necessarie per rientrar nella categoria nei testi di Manu: pur essendo tecnicamente spagnolo, o francese, il dolore e la necessità di espressione e la precisione nell’incanalarla rispondono perfettamente a quei prerequisiti fondamentali per essere annoverato tra le grandi penne di lingua spagnola.
Da Prossima estaciòn: Esperanza Manu Chao estrae Me Gustas Tú come secondo singolo di lancio, e non sbaglia. Non vi parte un brividino quando il mix di cumbia e reggae che fanno da tappeto al freestyle in svariate lingue di Manu Chao parte in Me Gustas Tú? Chao dice tutta una serie di cose, dalle più pratiche (la marjuana) alle più poetiche («Me gusta volver»), mettendole in fila forma una filastrocca di raro intrattenimento, perfetta per ballare e per pensare (e quindi jackpot per i programmatori radio).
S’infila in quella corrente di cose-spagnoleggianti-che-spopolano-in-Italia prima dell’ondata latina di fine anni dieci, di cui l’altro grande maestro è, naturalmente, Jarabe De Palo (qui sotto rappresentato dalla fastidiosa La Flaca e dalla straordinaria Depende).
(Depende è un così bel pezzo che è bello pure in italiano, pure col testo di Jovanotti. Pensate.)
(Avrei dovuto citare anche Me Cago En El Amor di Tonino Carotone? Non so. C’è dell’epica certamente nel «È un mondo difficile / E vita intensa / Felicità a momenti / E futuro incerto». Certo è che la discografia in quegli anni regalava veramente grandi possibilità a praticamente tutti i generi, rendendo tutto il mondo musicale più fertile — anche e soprattutto gli ascoltatori.)
BONUS
L’avete mai sentita la versione gorillazziana di Robbie Williams di Bongo Bong inclusa in — spoiler — quel mattassimo disco che è Rudebox? No? Ecco a voi, allora. La droga dà, la droga toglie. (Comunque, e qui mi segno un appunto per quando dovrò recensire Rudebox, ci vuole talento ad avere stile anche nel fare cose terribili).
LE PAGELLONE
Me Gustas Tú è un 9.
Bongo bong / Je ne t’aime plus è un 7.
Clandestine è un 8.
La Flaca è un 6.
Depende è un 9.
Me Cago En El Amor è un 7.