Numeri Uno è la rubrichetta che si occupa di tutte le canzoni che sono finite alla prima posizione della classifica italiana dei singoli.
Qui trovate l’elenco di tutte le Numero Uno commentate, anno per anno, in continuo aggiornamento.
Se avessi una pistola puntata alla tempia e dovessi fare una classifica delle mie boyband preferite, prima di tutto ci terrei a specificare che non c’è alcun bisogno di alcuna pistola, grazie, anzi, la compilo volentieri, pure gratis; secondo, la top 3 certamente includerebbe i Five. (O 5ive. A scelta. Per par condicio lo scriverò un po’ e un po’, ma insomma, intendo sempre quelli con questa grafica esilarante qua sopra).
(Sono combattuto sulla terza scelta, dopo di loro e i Backstreet Boys. Mi spiego, tanto so che mi seguite, e se non mi seguite vi fate un’infarinatura base delle boyband rilevanti di fine secolo. I Take That erano già sciolti e sepolti quando ho preso coscienza della musica e erano una band adulta quando si sono riuniti, in modo egregio, a metà anni zero; gli Ultra li ho amati, ma hanno fatto un solo disco, in più - che sia per finta o per davvero - suonavano e non facevano le coreografie con la mano sul cuore quando gli mancava l’amata, mancando quel sacramento richiesto dalla santa chiesa delle boyband; i Savage Garden non erano propriamente una boyband, erano un duo, e manco loro ballavano; lo stesso vale per gli LFO. Gli *Nsync non sono mai riuscito a amarli fino in fondo, nonostante abbia i dischi pure in vinile, ma quello è un gesto d’amore per Max Martin e compagnia piuttosto che per la band in sé; ho sempre amato molto di più Timberlake solista, ma non divaghiamo; capitolo Westlife: dopo due dischi mi avevano asciugato tre quarti di minchia a furia di ballate monotone; i Blue, buon repertorio, un paio di canzoni che sono arrivati quando ero già troppo dentro la mia fase punk per potermi lasciare qualcosa di più del ricordo di buone canzoni. Grande crisi, dunque. Vabbè, forse quella pistola deve sparare.)
C’è anche da dire, mie top 3 personali a parte, che se dovessi isolare una band totalmente incapace di scegliersi le canzoni i 5ive sarebbero in cima alla lista comunque. Nello stesso anno, stando alla leggenda, sono riusciti a rifiutare sia Bye, Bye, Bye (apparentemente reputata un pezzo che avrebbe potuto cantare chiunque) che …Baby One More Time (non si capisce se fosse stato Max Martin a non volerla concedere a Simon Cowell, che pure gli aveva offerto anche una Mercedes 500SL, oppure se la band l’avesse sentita e denigrata, offendendo Martin): dal punto di vista delle occasioni mancate è un gran curriculum.
UPDATE: ulteriori ricerche raccontano storie differenti. Alcune raccontano che in realtà Cowell offrì una Aston Martin a Martin, e non una Mercedes, ma a nessuno passati i trent’anni dovrebbe fregare un assoluto cazzo di automobili, men che meno quelle sportive, quindi è un aneddoto abbastanza inutile; interessante è, invece, come apparentemente i 5ive iniziarono a scrivere delle strofe per …Baby One More Time, ma Martin diede comunque la canzone a Britney cambiando per sempre la stroria della musica e soprattutto la mia adolescenza.
(In omaggio, un paio di pezzoni degli *NSYNC; …Baby One More Time ve la risparmio, perché dovreste già saperla a memoria).
Forse è per via di queste scelte errate che i 5ive non hanno, nel loro repertorio, LA canzone che lo definisca, ma tante canzoni medie che creano un bel repertorio. (Vogliamo dirlo? Beh, diciamolo. A livello di boyband, un repertorio medio-alto. Qui, prendendo le cose seriamente, a batterli ci sono solo Take That e Backstreet Boys, ma quando hai un certo Gary Barlow e un certo Max Martin che ti scrivono le canzoni come puoi mai competere?)
BREVE RECAP, CHE TANTO POI BREVE NON È
I Five vengono messi insieme dai manager iniziali delle Spice Girls, Bob e Chris Herbert; tra i 3000 che si presentano, anche Russel Brand (ma come «chi?» Il futuro marito sciroccato di Katy Perry), che si presenta cantando More Than Words. (Pensate mai alle sliding doors? Tipo a come sarebbe se avessero preso Jack Whitehall al posto di Robert Pattinson a fare Twilight? A un mondo dove nei 5ive c’è Russell Brand? E se avessero cantato effettivamente Bye, Bye, Bye? Che timeline vivremmo? Ma comunque. Mi consolerò pensando a Russell Brand che canta gli Extreme. Che pezzo. Che storia incredibile. Prometto che un giorno scrivo una column intera su More Than Words. Storia assurda e canzone epocale.)
Insomma, tra i tremila aspiranti popstar vengono scelti cinque ragazzetti inglesi, messi in una casa a convivere, studiare danza e canto, imparare i primi pezzi che arrivano. Inizialmente l’idea era di sceglierne quattro, ma Abz (l’unico che poi tenterà una mezza carriera solista) scombina le carte.
Simon Cowell, allora A&R di BMG, firma la band. (La firma con un deal di sei — SEI — album. Spoiler: non ci arriveranno).
Il primo disco dei Five ha cinque singoli, tutti buoni.
L’esordio, Slam Punk (Da Funk), mette già tutto in chiaro: i 5ive non sono solo le classiche canzonette d’amore. C’è il groove, c’è una sorta di rap da bad boyz, c’è l’immagine un po’ più sporca e street del solito — e il pezzo funziona.
Slam Dunk (Da Funk) arriva nella Top 10 in Uk. E il singolo successivo è la loro prima hit internazionale. Indovinate chi la scrive?
When The Lights Go Out è il brano che lancia la band in USA, arrivando alla tanto desiderata Top 10 americana, ed è scritto e prodotto da Max Martin e Denniz Pop, giù autori e produttori di Britney Spears l’uno e dei Backstreet Boys l’altro, e tra i massimi esponenti del nuovo pop mondiale. (È uno dei miei brani meno preferiti sia dei Five che della coppia Martin/Pop, ma fa il suo dovere.)
Quello in cui i 5ive si dimostrano forti, però — e l’altissima rotazione di cui gode questo video su Mtv ne è la riprova — è prendere come sample brani energici e trasformarli in versioni aggiornate con il loro rap bianco. Il quarto singolo, Everybody Get Up, è una mina pop. È qui che si stabilisce la formula dei 5ive: nel libro Reach for the Stars: 1996–2006: Fame, Fallout and Pop’s Final Party di Micheal Cragg, il giornalista inglese riporta un’emblematica quote sull’idea discografica delle due band concorrenti dell’epoca nel Regno Unito: se i Boyzone ti portavano fuori a cena, i 5ive ti scopavano nel vicolo. Il video aiuta: i Five distruggono una scuola. Niente male per quel che riguarda l’identificazione dei teenager che li guardavano sognanti da casa.
Avrei dovuto già chiudere il blablabla sul primo disco dei 5ive, ma quando mi ricapita? Questo è l’ultimo singolo, nonché la prima ballad. È un elemento di grande importanza, perché conferma che i 5ive sono una boyband atipica, che mira agli uptempo piuttosto che alle ballate strappacuore. Gli riesce anche bene, anche se Until The Time Is Through è una gran ballad, scritta sempre (anche) da Max Martin.
FINE DEL FINE RECAP, INIZIO DELLO SPIEGONE — (LEGGILO, CONTIENE UNA BATTUTA MEMORABILE!)
Arrivati al secondo disco, Invincible (straordinario come i titoli dei dischi delle boyband sembrino generati da intelligenze artificiali, oppure da uffici di creativi molto poco creativi) i 5ive si trovano di fronte a un bivio, ora che Denniz Pop è prematuramente scomparso. Proseguire con i produttori svedesi suoi eredi, quindi Max Martin e compagnia oppure continuare con quelli inglesi, mirando forse a un’espansione meno mondiale ma più solida? Incredibilmente, i 5ive — o sarebbe più saggio presumere sia stato Simon Cowell? — scelgono la seconda e si affidano a Gallagher e Stannard. Con loro proseguono la formula Boy Band Un Po’ Sporca, portando avanti il loro format di Rap Da Bianchi edulcorati con i ritornelloni campionati da hit del passato, mostrando i tattoo sotto le canottiere e facendoti credere che invece di portati fuori a cena come tutti i colleghi delle altre Boy band di bianco vestiti le loro intenzioni possano essere leggermente più esplicite. (Mi farà sempre ridere una recensione letta tempo fa che diceva: il “rap” dei 5ive fa sembrare Will Smith i Mobb Depp. Se conoscete tutti e tre gli artisti, questa cosa vi farà pisciare sotto dal ridere). Un paio di esempi?
If Ya Gettin’ Down, primo micidiale singolo di Invisible, fa proprio questo.
If Ya Gettin’ Down non raggiunge la vetta nella patria Uk, ma rimette la band sulla mappa andando a samplare un classico come Last Night A Deejay Saved My Life. È un classico uptempo di ritorno, trucco ormai prevedibile del libro delle boyband, ma resta un pezzone — di gran lunga tra i migliori della band (sì, è tutto un gran sample, ma quella bassline resta micidiale in qualsiasi salsa e versione).
E poi c’è Keep On Movin’, ammesso che siate arrivati fin qui. La prima (di tre) #1 della band in Uk, nonché l’unica bella, inaspettata quanto inattesa.
Sì, perché nonostante fosse il singolo di lancio a tutti gli effetti del disco rimane pazzesco come, sia in Italia sia in Uk, i 5ive raggiungano la #1 a) a ottobre b) con un uptempo c) con una canzone che non parla d’amore. Praticamente tutto ciò che non farebbe una boyband.
Keep On Movin’ è un ibrido tra un uptempo e un midtempo con la dolcezza delle ballad, introdotto da un assurdo sitar sintetizzato, con un giro armonico che tradotto in parole sarebbe l’opposto del conforto, ma il tutto paradossalmente funziona, sia nella dimensione della boyband che in quella del pop. È un brano scanzonato ma motivazionale, funziona per quel che deve e, nonostante un testo pressoché da vomito, conforta i milioni di ragazzine. I rap sono edulcorati, gli occhioni blu dei ragazzi sono in primo piano, il video non ha grande senso ma è colorato, col suo sfondo blu e il suo Inceptioni di schermi tv (commentare i video delle #1 sarebbe un altro mestiere, ma farebbe molto molto ridere). La leggenda narra che il brano sia ottimo ascoltato sotto ecstasy, ma non posso confermarlo. (Immagino però che il sitar debba suonare fantastico sotto ecstasy, anche se il primo disco che mi verrebbe da recuperare in quel caso sarebbe Hi This Is Flume).
LA FINE
Ogni boyband, anche quando finisce per avere lo stesso fato di tutte le altre, finisce sempre a modo proprio. I 5ive hanno quella classica fine-non-fine, purtroppo: uno — quello timido, Sean — se ne va, la promo del terzo e ultimo disco viene fatta con un cartonato al posto suo e dei video raffazzonati, la band finisce nel dimenticatoio a inizio anni 2000; a metà anni zero si riformano in quattro, ma non trovano un contratto e si risciolgono; nel 2013 un format tv che ha lo scopo di riesumare vecchie band per poi portarle in tour li rimette insieme, mostrandone le cicatrici dovute all’epoca, allo stress, alla sovraesposizione, all’ego e all’ingenuità esistenziale. Solo J, il leader, non partecipa, o meglio, appare per scusarsi dei comportamenti da maschio alfa dell’epoca per poi augurare buona fortuna agli ex compagni di avventure e tornare nell’anonimato.
Oggi i 5ive proseguono in tre, e vi assicuro che è meglio che non ascoltiate quello che esce dalle loro penne.
IL DISCLAIMER!!!!1111!!!!111!!!111!!!111!!11
Il 1999 è quasi finito. Anche l’estate. Sigh, sob.
Prima delle consuete pagellone, il solito spiegone.
Canzonette è attualmente gratis per chi vuole, e che se anche tu godi nel leggere faccende pop ed extra pop su queste pagine sarebbe fantastico se diffondessi il verbo, e ancora più fantastico se t’abbonassi consentendoci di dedicarci sempre più tempo. In più, per gli abbonati, arriveranno presto: rubrichette inedite e degli episodi di Numeri Uno direttamente da nientemeno che il futuro. Tipo, ne sto scrivendo una su Despacito, una su Lady Gaga e una su Down Down Down delle Lollipop. Vedete voi.
LE PAGELLONE
Keep On Movin’ è un 6.
Bye, Bye, Bye è un 9.
It’s Gonna Be Me è un 9.
…Baby One More Time è un 10.
More Than Words è un 10.
Slam Dunk (Da Funk) è un 7.
When The Lights Go Out è un 7.
Everybody Get Up è un 8.
Until The Time Is Through è un 8.
If Ya Gettin’ Down è un 9.
Last Night A Deejay Saved My Life è un 9.