Numeri Uno è la rubrichetta che si occupa di tutte le canzoni che sono finite alla prima posizione della classifica italiana dei singoli.
Qui trovate l’elenco di tutte le Numero Uno commentate, anno per anno, in continuo aggiornamento.
Gli italiani sanno fare bene quattro cose: la pizza, la pasta, fregare la gente e le ballate. All’inizio degli anni 2000 la musica italiana non è sempre ai vertici delle classifiche, anzi, quasi mai, e il motivo è abbastanza preciso: qualitativamente si avverte ancora parecchio la separazione tra noi e il resto del mondo; stiamo oggettivamente indietro a livello stilistico, sonoro e contenutistico — qualcuno direbbe, banalmente, a livello di società: non avrebbe del tutto torto. I pochi episodi in cui l’Italia musicale tenta di stare al passo con La Modernità arrancano dopo pochissimo, come abbiamo visto nel caso delle Lollipop, trionfatrici per una stagione e poi mai più, pioniere di quella che sarà poi l’epoca d’oro dei talent show degli anni dieci.
(In che senso non avete letto la column sulle Lollipop? Ok. Gratis, eh: eccola per voi qui.)
Per questo sembra che non siamo un paese destinato a rivoluzionarsi musicalmente, ma a rimanere in quella landa desolata di tradizione e noia e rime con i futuri anteriori. Si vive ancora di grandi ballate pressoché sempre, Sanremo è ancora tutto archi staccati e 75 bpm, guai a rischiare di oltrepassare il limite degli 80 o arriva la Polizia Stradale dell’arte; come potremmo competere con le proposte americane e inglesi innovative che ci invadono radio e tivù? Se guardiamo il mainstream non sono anni esattamente incredibili e irripetibili per la musica nostrana. Come sempre, quando le speranze stanno per frantumarsi, le cose stanno per cambiare, e anche se non ancora nell’estate del 2001 — che a suo modo sarà cruciale per quello che viviamo anche e ancora oggi — a un certo punto compare quella che René Ferretti chiamerebbe La Qualità proprio lì, in cima alle classifiche italiane.
È colpa di Raf, è tutta colpa di quel piccolo capolavoro che è Infinito. Difficile cercare oggi un’eredità a questo pezzo: è un unicum vero e proprio, che non fa tendenza e non ne ha fatta, che include delle parti mezze parlate e mezze rappate ma non ha nulla a che fare con le classifiche odierne, né il suo sound ne è padre, o nonno, o zio, di alcunché. Però. Però è un gran pezzo, che nel 2001 spiazza tutti, vince il Festivalbar, spacca le radio e le classifiche.
Gli italiani sanno fare bene quattro cose: la pizza, la pasta, fregare la gente e le ballate, dicevamo. E Raf, qui, la fa bene come non mai.
Raccontare una rottura, schiantandosi contro i cliché della Tipica Canzone d’Amore, è una faccenda che pure con tutto l’esercizio e la dimestichezza del mondo è difficile compiere in modo originale e al contempo ficcante. Le canzonette e l’amore formano da sempre un unico grande insieme: l’unicità delle canzoni d’amore che funzionano e a modo loro scrivono pezzetti di storia è un insieme bizzarro di tempistiche favorevoli e concetti triti e ritriti rigirati e rigurgitati in modi che sembrino nuovi. È questo che rappresenta Infinito, con i suoi salti di tonalità e la sua struttura in continua evoluzione, così come l’intensità del racconto, le note parlate prima e cantate poi e squarciagola infine. «Mai, ovunque tu sarai, ovunque io sarò, non smetteremo mai: se questo è amore è amore infinito.» Vi chiedete mai «ma come gli è uscita, questa?» di un autore di canzoni? Ecco, Infinito è una di quelle cose che da ascoltatore ti strizza il cuore e ti fa ripensare a quando a quindici anni ti hanno pogato sul cuore, e a trenta (e rotti) ti fa chiedere se le canzoni incredibili sia possibile scriverle semplicemente scrivendo sempre e comunque («scrivere tutti i giorni», direbbe qualcuno di quelli che a un certo punto si era deciso fossero voci rilevanti di quest’epoca moderna e bizzarra) o se sia necessaria una gran dose di dolore per poterle partorire. (La verità è che serve tutto: non c’è mestiere senza dolore efficace e viceversa).
Il dolore di Raf arriva forte e chiaro all’ascolto ancora oggi: a vent’anni dall’uscita il pezzo gira ancora per radio e difficilmente chi sta all’ascolto ed era già un essere pensante all’epoca avrà voglia di cambiare canale.
LE PAGELLONE
Infinito è un 10.