Numeri Uno è la rubrichetta che si occupa di tutte le canzoni che sono finite alla prima posizione della classifica italiana dei singoli. È la cugina di quella americana di Tom Breihan, che è la cugina di quella inglese di Tom Ewing.
Guarda un po’ chi si rivede. A interrompere il regno degli Aerosmith anche se per una sola settimana, a fine ottobre 1998, è il ritorno degli U2.
Avranno pure cominciato come una cover band di roba punk, ma per essere un gruppo irlandese hanno sempre avuto un’ambizione americana, rispecchiata dalle loro canzoni. Come negargli di essere inventori e detentori del pop-rock da stadio e di ritornelloni che hanno gettato le basi della discografia di tanti loro eredi (colpo di tosse, Coldplay, colpo di tosse)? Sei in più ci aggiungi l’innegabile carisma di Bono, con la sua presenza vocale al centro dei brani e — in modo lodevole — sempre al servizio della canzone, e la sua maestria nell’essere uno showman, tutto torna: hanno fatto la storia perché meritavano di farla. E se l’ultima volta che li avevamo incrociati erano spenti, persi in un mondo di elettronica e trip-hop, smarriti nel tentativo di stare al passo coi tempi senza riuscirci. Sweetest Thing è tutt’un’altra faccenda. Almeno musicalmente.
Innanzitutto, viene scritta da Bono Vox per scusarsi con la moglie, della quale si era dimenticato colpevolmente il compleanno durante le registrazioni del glorioso album The Joshua Tree; infatti, viene già pubblicata nel 1987, come b-side di Where the Streets Have No Name; viene poi rilavorata con Steve Lillywhite per il Best Of della band, che racchiude i lavori migliori degli irlandesi tra il 1980 e il 1990. Ovviamente il Best Of sbanca tutto, includendo un repertorio devastante che va da With Or Without You a qualunque altra perla che la band ha partorito nella prima parte di carriera; per lanciare il singolo, invece, Island Records s’inventa di distribuire delle barrette di cioccolata Sweetest Thing, confezionate per sembrare un CD, che ben presto diventano un oggetto di culto tra i collezionatori di cimeli della band. I proventi del brano sono andati, secondo il desiderio di Ali Hewson, moglie di Bono, al Chernobyl Children International.
Il video di Sweetest Thing è meraviglioso, dallo script all’esecuzione: girato tutto in macchina, quasi come la collega Des’ree ma con un risultato completamente diverso — niente farfalle sparate dagli aerei, per esempio —, nei tre minuti di marcia compaiono svariati amici della band, tra cui i Boyzone. (I Boyzone furono la risposta irlandese ai Take That, che poi furono la risposta americana ai New Kids On The Block; il loro leader, Ronan Keating, avremo il piacere di incrociarlo da queste parti non appena il mondo avrà la fortuna di poter assistere alla prima proiezione di Notting Hill). Il video si apre con un primo piano su Ali Hewson, per poi passare a Bono che, con faccia da psycho, preme play su uno stereo portatile per dedicarle il brano. Sweetest Thing non è un successo da nessuna parte, se non in Irlanda (naturalmente), Italia (altrettanto naturalmente) e in Canada. Ma non è granché importante. Sweetest Thing, come tutti quei brani inediti che anticipano i greatest hits, sono semplicemente delle esche discografiche per ricordare ai fan che, hey, il catalogo di questa band è enorme, compratelo e beccati pure una canzoncina nuova in più. Di per sé, Sweetest Thing è dolce come promette e come dovrebbe, è canticchievole, quasi innocua, e suona come un armistizio che la band chiede all’epoca, ai fan e alla competizione che il music business metteva addosso ai suoi artisti a fine anni novanta. (In più, è una lezione niente male: se non hai più nulla da dire, recupera qualcosa che hai scritto quando ce l’avevi).
ALTRE COSE
Nella settimana in cui Bono & co. si prendono la vetta della chart italiana dei singoli, alla #2 troviamo Zucchero con Blu. Blu non è una canzone d’amore dedicata a una delle due compilation del Festivalbar, purtroppo, ma è la quintessenza degli anni 90 di Sugar Fornaciari: drum machine, chitarre blues, melodia incredibile, malinconia; volete sapere chi ne ha scritto il testo della versione internazionale? Bono Vox.
Il pezzo sarà poi al centro di uno scandalo a causa di quella brutta parola con la P che non dovrebbe usare nessuno che non abbia studiato un po’ di teoria e armonia musicale: Michele Pecora, tra l’altro ex collaboratore di Zucchero, lo accusa di avergli copiato il ritornello di Era Lei; la cosa finisce poi sia in tribunale che su Striscia La Notizia, dove Valerio Staffelli consegna un tapiro d’oro a Zucchero, che verrà poi assolto completamente durante il processo. (Quanta pop culture tutta insieme, eh? Cosa manca? Le veline? Le veliiiiiine. E il Gabibbo. Splash. Comunque:)
Qui, di Michele Pecora, si ricorda senza un motivo specifico ma con grande affetto Me ne andrò. Gran pezzo. Musica italiana at its finest.
Saltare dagli U2 a Michele Pecora? Solo su Canzonette, signori. (Amanti del pop, ma con spirito punk: fondamentalmente, frega un cazzo). Dillo a un amico di dirlo a un amico.
LE PAGELLONE
Sweetest Thing è un 7.
Where the Streets Have No Name è un 7.
Blu è un 10.
Era Lei è un 6.
Me Ne Andrò è un 7.