Numeri Uno è la rubrichetta che si occupa di tutte le canzoni che sono finite alla prima posizione della classifica italiana dei singoli. È la cugina di quella americana di Tom Breihan, che è la cugina di quella inglese di Tom Ewing.
Inizia da qui un uno-due, per dirla in modo calcistico, bellissimo visto da qui. Il maggio 1998 è dominato da tre pezzi che rappresentano le varie facce della musica pop dell’epoca: se la settimana precedente avevamo visto il trionfo di Ricky Martin, che dà il via alla Grande Chiesa della Musica Latina, che parte da La Copa De La Vida e arriverà a Despacito, e oltre, qui entriamo nel campo del Pop Per Adulti.
Il Pop Per Adulti di fine anni novanta è un pop di gusto, orecchiabile ma di godibile stampo estetico: ben arrangiato e soprattutto ottimamente cantato. Uno dei primi esempi l’avevamo incrociato nel 1997, dove Breathe di Midge Ure aveva dato una boccata d’aria fresca a fine anno. Ora, tocca ai Lighthouse Family.
Se c’è una caratteristica comune a un sacco di canzoni che, per dirla alla 2023 hittavano nel 1998, è che erano in maggiore. High è una delle tante, e con pressoché lo stesso giro armonico che troveremo in un altro paio di occasioni: è un pop semplice, onesto, scritto e cantato da gente cresciuta coi mostri sacri del canto e della scrittura. Qui vengono in mente Prince e Seal su tutti. I Lighthouse Family si formano in Uk, a Newcastle: sono un duo, composto dal cantante Tunde Baiyewu e dal songwriter Paul Tucker; il loro debutto, Ocean Drive, pubblicato con ben poche aspettative, finisce per vendere quasi due milioni di copie: anni in cui l’easy listening sta in gran forma, e il duo s’infila tra gli esponenti britannici che meglio riescono a interpretare questo mix di soul, pop e r&b rendendolo fruibile per tutti.
Dopo l’esordio scintillante, i due si rinchiudono in Francia per chiudere il secondo disco, e High è la canzone che più mette in crisi Paul Tucker. Il 1996 è un anno complicato per lui: la moglie abortisce, Ocean Drive diventa una hit, e per tirarsi su inizia a scrivere il pezzo.
Ma ci vorranno otto mesi per concluderlo: la pressione di chiunque gli dica che l’idea è una hit lo spinge in un vicolo cieco, e più tutti intorno a lui gli chiedono se l’abbia finita di scrivere, meno le idee arrivano a lui.
L’ultimo giorno di registrazioni arriva, e c’è tutto tranne la voce di Tunde su High: è qui che, la notte prima, Tucker riesce a scrivere l’incipit: When you’re close to tears remember / someday it’ll all be over. È un mantra spirituale, ed è quel tipo di canzone che, per dirla in modo x-factoriano, arriva a tutti.
Quello che rende High un gran pezzo sono: il pre ritornello dove armonicamente viene tutto lasciato in tensione, spostandosi dagli accordi principali-e-cucciolosi, una mossa molto alla Seal che dà uno slancio emotivo non indifferente alla canzone; un ritornello cantabile immediatamente, da spot, applicabile all’amore, all’amicizia, a quel-che-vi-pare; una voce, quella di Baiyewu, perfettamente radiofonica, calda, amichevole; un video giusto, dosato, di basso budget ma di massima resa. È la bellezza di certo pop ben fatto: basta veramente poco, tipo una gran bella canzone.
ALTRE COSE
Nella settimana in cui High si prende la #1, la classifica si fa più bizzarra che mai, dandoci uno specchio preciso degli anni 90: a invadere la classifica ci sono tutti i generi possibili e immaginabili, dal pop/finto hip hop/tremendamente influenzato da fiati latini e tutto sommato globalmente indecente di No Tengo Dinero al clamoroso post-punk dei Prozac+ con Acida,
oltre a vecchie Numero Uno come Céline Dion con La Canzone Che Non Doveva Esistere, e alla prossima Numero Uno — che è anche una, anzi, LA canzone più bella dell’anno.
LE PAGELLONE
High è un 10.
Lifted è un 4.
No Tengo Dinero è un 2.
Acida è un 10.