Numeri Uno è la rubrichetta che si occupa di tutte le canzoni che sono finite alla prima posizione della classifica italiana dei singoli.
Qui trovate l’elenco di tutte le Numero Uno commentate, anno per anno, in continuo aggiornamento.
Numeri Uno è la cugina di quella americana di Tom Breihan, che è la cugina di quella inglese di Tom Ewing.
Togliamoci subito le questioni spinose di dosso: che senso hanno le canzoni, altre canzoni, dopo …Baby One More Time? L’uragano che risponde al nome Britney Spears e che si è abbattuto sull’Italia e sul pop mondiale e sulla cultura teen è solo l’inizio di un’invasione, metà americana e metà svedese, che durerà anni. E sarà bellissima, anzi, sarà certamente uno dei migliori tre momenti della storia del pop in cui ciò che è amato dalle masse e ciò che è fatto con una qualità ragguardevole corrisponderanno. Durante questo dominio estremamente pop, però, ci saranno comunque altre canzoni che incroceremo e di cui ci toccherà parlare.
Purtroppo.
Snow On The Sahara è una di queste.
Che spreco di spazio, di tempo, di parole, di talento dover parlare di una canzone così. La questione non è tanto la bruttezza, perché anche nel brutto si può e si deve trovare un senso, anzi, è quasi necessario. Il brutto, tutto sommato, ha una sua grande funzione: permetterci di valutare il bello dandoci un metro di giudizio dell’orrido. La realtà delle cose è che sono preferibili di gran lunga le canzoni brutte, irritanti e fastidiose a quelle anonime. E la Grande Pecca di questa canzone è che non riesce nemmeno a essere brutta. Solo noiosa. (Pensate quanto poco mi va di parlare di Anggun: mi prodigo persino in un elogio del brutto).
Di Anggun ricordo solo due canzoni: una è questa, l’altra è il duetto con Piero Pelù di qualche anno dopo, persino più tremenda.
[Annoto mentalmente queste parole mentre tento di far ruttare mia figlia, due mesi dopodomani alla data in cui butto giù queste righe. Dovete sapere che Numeri Uno è l’hobby che mi concedo mentre la allattiamo (Allattiamo? Plurale maiestatis? Vabbè, diciamo che partecipo come posso, in quanto uomo, alla faccenda — prendetevela coi miei gameti, mica con me); è in quei momenti che metto su le canzoni che dovrò commentare, in quella terra di mezzo tra il «facciamola ruttare» e il «non facciamo vomitare la Principessa Col Più Grande Reflusso d’Europa», è questo il frangente in cui in casa risuonano le canzoni di cui poi andrò a scrivere, in modo da iniziare a raccogliere impressioni, estrapolare ricordi, e tutte le altre cose necessarie per intrattenervi. Insomma, questo per dire che quella supereroina che altro non è mia compagna, la mia fidanzata, la luce della mia vita, fuoco dei miei lombi per dirla alla Nabokov, s’è messa a cantare il pezzo di Pelù e Anggun quasi a memoria, giustificandosi che lei «passava tutti i pomeriggi su Mtv»; al che ho risposto che pur’io lo facevo, ci mancherebbe, mica studiavo, figuriamoci, ma questo mi esonerava comunque dall’imparare a memoria cose così drammaticamente pessime. La diatriba si è comunque conclusa che lei che canticchiava parti del testo di ‘sta cosa qua, che quantomeno raggiunge nei ritornelli livelli di bruttezza quasi giusti, stando al teorema di cui sopra, pur bazzicando il quartiere della noia per tutte le strofe.]
Insomma, dicevamo cento chilometri fa: di Anggun ricordo solo due canzoni: questa e il duetto con Piero Pelù — per cui ne ricordo una di troppo rispetto alla media che sarebbe concessa da qualsiasi cervello.
È la prima volta che ci troviamo di fronte a un pezzo sul quale sono estremamente combattuto. Da una parte l’irritazione e la noia che mi provocava in diretta, all’epoca, quando era assolutamente dappertutto, il che me la rendeva ancora più insopportabile. La prima colpa è, di nuovo, della Swatch. A questo giro, però, la canzone eletta per fare da spot martellante trasmesso a reti unificate, non è né Believe di Cher, santa Omnitel, né Breathe Midge Ure, sempre Swatch, due grandi dieci, delle quali la synch con gli pot ne aumentava la forza.
La seconda è della canzone in sé, ma quello credo l’abbiate già capito.
In Italia, nel 1999, Snow On The Sahara è assolutamente dappertutto.
Inizialmente nasce come una canzone francese; Angunn, cantante indonesiana con già cinque album all’attivo, in occasione del lancio del suo album di debutto per il mercato internazionale la registra sia in francese che in inglese. Ci cascano l’Italia, la Spagna e svariati paesi asiatici: non si può parlare di una vera e propria Anggun-mania, altrimenti sarebbe stata una strage nota come Angunn-19 o giù di lì, ma Snow eccetera eccetera funziona sia commercialmente che radiofonicamente, e da noi finisce in vetta alle chart. Il ritmo tribale, le atmosfere new age e world music aiutano a renderla comunque unica nel suo genere, nonostante s’inserisca in una tradizione di brani con influenze da world music che impazzano a fine secolo scorso: c’erano Breathe, c’era Enya con Only Time, e avevamo visto anche la canzoncina-flamencheggiante 2 the night. Che poi, alla fine dei conti Snow On The Sahara non è una brutta canzone, ma non è neanche un capolavoro. Forse la sua colpa maggiore è che paga il prezzo di essere abbastanza piatta in un’annata pressoché eccezionale, dal punk degli Offspring, a Britti, a Britney? O quello di non essere neanche nemmeno vicina a una delle altre ottime canzoni che si prendevano a sportellate in classifica?
ALTRE COSE
Mi piacerebbe tantissimo parlare di Altre Cose in maniera approfondita, in modo particolare di un sacco di canzoni tipo i singoli di: New Radicals, Liquido, Ricky Martin, The Cardigans, TLC, Blondie, Cher e Blur, ma è scaduto il tempo: c’è Angelina Reflussina da far ruttare, e soprattutto da qui a qualche settimana ho la fortuna di avere tutta la column sul singolo di Jovanotti di questo pazzo aprile 19999 per poter riuscire a parlare, ancora, di tutt’altro.
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LE PAGELLONE
…Baby One More Time è un 10.
Snow On The Sahara è un 5.
Amore Immaginato è un 3.
Believe un 10.
Breathe è un 10.
Only Time è un 9.
2 the night di La Fuertezza è 6.
Praticamente so’ tutte buone tranne quelle di Anggun.