#1, 2002. MADONNA — DIE ANOTHER DAY
Numeri Uno, ottobre/novembre 2002. MADONNA — DIE ANOTHER DAY
Numeri Uno è la rubrichetta che si occupa di tutte le canzoni che sono finite alla prima posizione della classifica italiana dei singoli.
Qui trovate l’elenco di tutte le Numero Uno commentate, anno per anno, in continuo aggiornamento.
[Un beat dance per un Bond Theme? Seriously?]
Prima che l’internet le definisca army, quando nell’epoca ormai esclusivamente digitale avranno la valenza di veri e propri eserciti, negli anni zero le persone appassionate di un cantante vengono ancora definite semplicemente fan base. E anche prima che il giornalismo musicale si spertichi a scriverne profili più o meno psicologici, anche prima che l’ossessione sia sotto gli occhi di tutti sui forum, sugli hashtag e sui social network le fan base fanno quello che hanno sempre fatto: sfiorando la compulsività, sostengono senza se e senza ma i loro idoli. Dato che è il 2002, un modo semplice per farlo è comprarne i dischi. Anche se non sono granché.
Abbiamo visto svariati esempi di fanatismo in questi anni di Canzonette, ma pressoché nessuno batte gli U2 e Madonna. Madonna, nello specifico, l’abbiamo incrociata già cinque volte, di cui un paio con dei grandissimi brani, e altre meno. (Qui sotto, per i più pigri, tutte le #1 in Italia di Mrs. Ciccone dal 1997 al 2002).
Dopo un finale di decennio glorioso con Ray Of Light, acclamato — giustamente — da critica e pubblico, Madonna fa il suo ritorno trionfale con Music, un disco dove abbandona il re mida William Orbit e nuovamente rivoluziona il suo sound affidandosi al semi-sconosciuto genietto dell’elettronica Mirwais Ahmadzaï. (Grazie Wikipedia per il copia-incolla: sarei di mio troppo pigro per cercare la ï — l’ho trovata, sul Mac è estremamente semplice, basta tenere premuta la i — ma al contempo troppo ossessivo-compulsivo per non scrivere il suo nome nel modo corretto). (Sì, so che ci avrei messo meno tempo a scrivere effettivamente la i con la dieresi che a comporre tutto ‘sto pippone, ma sono sempre stato dotato di una certa incontinenza nello scrivere: come dice l'incipit di uno dei miei romanzi preferiti, io ho già sofferto per la mia arte, ora tocca a voi).
Dopo Music Madonna si rimette al lavoro, sempre con Mirwais, e inizia a lavorare a materiale nuovo, tra cui la prima bozza di Die Another Day. Forse è questo uno dei clash del pezzo: non nasce con lo specifico intento di essere un tema di un film di James Bond.
I temi dei film di Bond hanno sempre una certa poetica, che non può prescindere da strings e brass, perché cent’anni di cinema ci hanno insegnato che niente grida tensione come gli archi e i fiati insieme. Die Another Day invece se ne frega totalmente; è un’elettronica scura, stutterata e glitchata: prototipo di pop che viene dal futuro. È un brano in cui Madonna e Mirwais Ahmadzaï provano a tracciare quello che potrebbe essere il suono dei decenni successivi, mischiando l’orchestra — comunque un imprescindibile elemento — e la pulsazione delle programmazioni sintetiche di synth e drum machine in un ibridio tra classico e elettronico. Ancora oggi suona imponente, e visto che siamo nell’.a.d. di Brat, che dio ce ne liberi presto grazie e amen, la si può tranquillamente guardare come una lontana parente dell’elettropop / hyper-pop / Brat-pop schizzato degli anni venti.
Madonna ha sempre innovato sé stessa, a volte intercettando dei trend (vedi Ray Of Light con i suoi episodi trip-hop e club) e a volte accondandosi (come accadà con Pharrell, Timbaland e Diplo nei decenni successivi).
In questo caso, traccia una strada che è però avanti di almeno una decade.
S i potrebbe dire che è in buona compagnia: in generale c’è fermento nel mondo della musica, e la progressiva evoluzione dei computer e delle DAW (i software di registrazione e produzione musicale) iniziano a permettere scenari sempre più vasti in cui gli artisti ma soprattutto i produttori più coraggiosi decidono di fiondarsi.
L’inizio degli anni duemila vede svariati artisti, ormai estremamente popolari nei rispettivi generi, donarsi sempre più all’elettronica: succede nel rock ai Radiohead, che con Kid A dànno prova di come si possa reinventare un genere sostituendo le chitarre ai synth visionari di Aphex Twin;
succede nel macrocosmo del pop, dove la boyband leader del settore, gli *NSYNC, virano lontano dal pop svedese di Max Martin per avvicinarsi, in cerca di credibilità, a uno stutter-pop prodotto da BT .
Madonna è sempre riuscita a far discutere e parlare di sé per il personaggio, ottenendo universalmente un consenso unanime sulla qualità della sua musica, oggettivamente sempre a livello. Die another day rappresenta la prima volta in cui anche la qualità dell’arte di Madonna viene messa in discussione. Il 2000 è l’anno in cui Madonna shifta il suo percepito da stella del pop ad artista, con l’album Music. Dopo Music, entra a tutti gli effetti nella fase faccio-il-cazzo-che-mi-pare. E questo rende Die Another Day una canzone quasi ostile, una Music cupa, che ti porta sul dancefloor ma poi cerca allo stesso tempo di respingerti. Mirwais gioca con la voce di Madonna, utilizzando l’AutoTune, ancora alle sue versioni primordiali, non solo per intonare Madonna, ma anche per distorcerne la formante della voce, creando effetti vocali fuori dall’ordinario. In una dichiarazione che ho letto ma che col cazzo che ritrovo, Michel Colombier — direttore d’orchestra che aveva già collaborato con Madonna e Mirwais — conduce un’ensamble da 60 elementi a Londra: le registrazioni, nelle mani di Mirwais, diventano frammenti, file audio e niente più, andando a distruggere l’idea iniziale e anche classica di un Bond Theme, farcendolo di (eccessivo?) futurismo. Madonna riscrive il testo dopo una visione del film, su richiesta della produzione, e va a finire che James Bond si becca il suo primo tema simil-techno della storia. (Va anche a finire che il testo somiglia fortemente a una supercazzola infinita, e leggenda vuole che sia una sorta di dissing ai produttori del film, che le chiesero di incorporare il titolo nel brano: leggi alla voce «Sigmund Freud / Analyze this»).
Il video, alla faccia del «I’m gonna kill my ego», è all’epoca il secondo più costoso della storia dopo quello del duetto Micheal / Janet Jackson, e la trama è: Madonna si mena con Madonna.
È il Bond Theme più bello di sempre? Assolutamente no. È quello più rivoluzionario e, come direbbero gli americani, genre-bending? Assolutamente sì. È invecchiata bene? Sì e no. Non suona fuori contesto con certi dischi contemporanei, e anzi a livello di produzione alcuni li surclassa anche. Quello che non torna, però, come non tornava anche allora, è questa angoscia sotto traccia perenne che rende il brano estremamente inquietante (come i tempi nostri, del resto, e come la sua epoca, un 2002 post-11/9).
Ciònonostante, resta prima nella classifica italiana — guarda un po’ unico paese che accoglie il brano in modo così caloroso — per cinque settimane, tra ottobre e novembre, prima di cedere il passo all’incredibile ballad che la succederà.
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LE PAGELLONE
Die Another Day è un 7.
Idioteque è un 10.
Windowlicker è un 10.
Pop è un 8.
Madonna negli anni 90 non mi ha entusiasmato in realtà (quella degli anni 80 è indiscutibile dal mio punto di vista), invece trovavo il video di Die Another Day molto divertente e anche il pezzo. Poi ho apprezzato molto la IDM di Confessions on a Dance Floor, 5 anni più tardi. Grazie per questa retrospettiva, molto interessante.